C'è qualcosa, nel nostro essere vicini, nel nostro desiderarci e posseerci che non avevo mai conosciuto, prima.
La nostra eterna dannazione.
La nostra eterna dipendenza.
Il nostro eterno gioco di dominio.
Ancora non ho compreso quanto bene o male ci facciamo, noi due. Quanto questo vortice che sento dentro il corpo trasinarmi fino a terra sia amore, quanto questo bisogno che è forte quanto la Sete mi rende vulnerabile e debole.
Quanto il mio animo sanguini, per noi.
Eppure ci guardo e sorrido.
E sento la tua bocca su di me. I tue denti su di me
Ti sento, nel mio sangue e nel mio corpo.
E cresce il bisogno di vederti e toccarti.
Voglio solo tu torni da me.
[ E' una tela di grandi dimensioni, con orientamento verticale, dipinta con tecnica italiana. Su uno sfondo neutro scuro, i protagonisti, in piedi e raffigurati da capo a vita, spiccano come se fossero quasi fluorescenti. Una donna e un uomo - Catherine e Henry - entrambi coi capelli scuri sciolti e gli occhi chiari - grigi lei, azzurri lui. Al primo sguardo, colpisce l'immagine dei due corpi nudi, apparentemente perfetti; tuttavia, a prendersi tutta la scena - e tutto lo sguardo di colui che osserva -, non sono i due corpi, non la loro pelle nivea e liscia, non la loro staticità, non le loro linee audaci, ma il contatto – il loro punto di incontro; quel legame fatto di sguardo e tatto. Occhi che s'intrecciano - parlano tra loro. Dita di lei che chiamano, che premono sul petto di lui, deformandone - e facendone intuire - la consistenza muscolosa, dita che creano pieghe e curve su un corpo altrimenti marmoreo, statuario. Dita che segnano e trattengono, ostentano possesso. Ed è anche quell'altro dettaglio - la cicatrice sul bacino di lei - a rompere la liscezza della pelle e a creare l'imperfezione che spezza ed evidenzia al contempo la perfezione. E dà un leggero dinamismo, assieme a quelle dita. E c’è il desiderio di lui, nel trovarsi sotto l’influenza di lei, nell’essere nelle sue mani, nei suoi occhi. Nell’offrirle se stesso per essere stropicciato secondo il suo volere. Non c'è l'immortalità lì, ma l'Intimità dell'Uomo e della Donna. Un'intimità passionale, prepotente, inquieta. Un'intesa intensa. E c'è una profonda conoscenza, da parte dell'Artista stessa, di questa complicità, come se ella stessa imprimesse qualcosa di proprio in tutto ciò, qualcosa che l'ha trascinata nella pittura. E' un momento in cui il Soggetto non ha nulla di impassibile. La luce scopre e non abbaglia. Le pennellate piccole, da inizialmente lente, divengono via via più rapide e incalzanti, come se venisse man mano sempre più catturata da ciò che dipinge, tanto da esagerare in più punti col contrasto, quasi abbagliante, suggerendo maggiore significatività al Soggetto. In basso a sinistra, in un paio di nere pennellate, N. R]